Green

M come Materie prime critiche: cosa sono e come l'economia circolare può fornirle

14 giugno 2023

 

Si chiamano materie prime critiche per due motivi: sono indispensabili per l’economia, ma il loro approvvigionamento è a rischio.

 

A segnare l’intenzione di un cambio di passo nel 2022 è stato l’annuncio del Critical Raw Material Act da parte della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Quest’ultimo, emanato a marzo 2023, si pone come obiettivo principale quello di garantire catene di approvvigionamento delle materie prime critiche che siano sostenibili, ma anche diversificate.

Materie prime critiche e terre rare: cosa sono

Tra le materie prime critiche rientrano le cosiddette Terre rare, anche definite con l’acronimo REE (Rare Earth Elements). Si tratta di 17 metalli presenti nella tavola periodica degli elementi chimici, le cui proprietà magnetiche e conduttive ne permettono l’utilizzo in svariati ambiti. Dall’industria elettronica e tecnologica a quella aeronautica e militare.

 

Pur essendo poco conosciuti, i Rare Earth Elements permettono la produzione e il funzionamento di oggetti che fanno parte della quotidianità: si possono trovare all’interno degli smartphone, nei touchscreen, nelle lampade, negli hard disk dei computer. Ma sono anche alla base di fibre ottiche e laser, di molte apparecchiature mediche, nelle batterie per le auto elettriche. Costituiscono magneti permanenti, sensori elettrici, convertitori catalitici indispensabili per la produzione di tecnologie green come turbine eoliche e pannelli fotovoltaici. Utilizzi svariati che ne testimoniano l’importanza strategica.

 

A cosa servono le materie prime critiche e perché è difficile reperirle

Le materie prime critiche sono fondamentali: utilissime per la transizione ecologica e necessarie per l’innovazione tecnologica. Sono essenziali per produrre energia eolica, per lo stoccaggio dell’idrogeno e le batterie. Allo stesso tempo, servono per il settore dell’elettronica, dai chip a tutto il digitale, fino al settore della difesa e a quello aerospaziale. La lista aggiornata della Commissione europea conta 34 materie prime critiche, a fronte delle 14 della prima lista del 2011. 

Il problema principale riguardo l’approvvigionamento, come sottolineato nello studio Iren-Ambrosetti, riguarda il ruolo primario della Cina che fornisce il 56 per cento di tutte le materie prime critiche importate dall’UE. Nel caso in cui i rifornimenti dal Paese venissero meno, questo potrebbe comportare un serio rischio per l’economia europea.

 

Tra i dieci messaggi chiave che lo studio veicola, infatti, due riguardano il ruolo specifico della Cina e altri due la dipendenza nell’approvvigionamento dell’Unione Europea da Paesi terzi:

 

1. La Cina gioca un ruolo chiave: detiene il primato nella fornitura (per il 56%) delle materie prime critiche importate dall’Unione Europea e, se interrompesse la fornitura di terre rare all’Europa, da qui al 2030 sarebbero a rischio 241 GW di eolico e 33,8 milioni di veicoli elettrici.

 

2. Il ruolo di leadership della Cina sulle materie prime critiche non si basa solamente sulla produzione domestica e sull’estrazione, ma riveste una posizione fondamentale anche nella raffinazione dei metalli e sugli investimenti in giacimenti minerari in Paesi terzi.

 

Il ruolo dell’economia circolare nel futuro delle materie prime critiche 

Lo strumento più potente per arginare lo strapotere di Paesi terzi sul rifornimento delle materie prime critiche è  l’approccio circolare. A poterla attuare sono in particolar modo le multiutility come Iren in grado di puntare sull’economia circolare e rendere indipendente almeno una parte dell’approvvigionamento che ora dipende ancora dalla Cina.

 

Come indicato dallo studio Iren-Ambrosetti, nel 2040 il riciclo potrebbe soddisfare tra il 20% e il 32% del fabbisogno annuale del nostro Paese di materie prime critiche: questo rende sempre più prioritario l’obiettivo di far crescere di 13 volte lo stock di riciclabili da oggi al 2040. Per farlo Iren ha previsto nel suo piano industriale 2030 che l’80% degli investimenti totali sia dedicato alla crescita sostenibile. Con questi fondi la multiutiliy sta costruendo il primo impianto in Italia dedicato al recupero dei materiali preziosi e delle materie prime critiche in Valdarno (entro il 2023).

 

Un altro progetto, in provincia di Siena, riguarda un altro impianto che si occuperà di riciclare pannelli solari, dai quali si potranno ricavare circa novemila tonnellate all’anno di materiali utili per l’industria italiana, come vetro, alluminio, rame, plastica e silicio.

 

Sforzi necessari, ma che avranno bisogno di una rete di cooperazione. Ambrosetti ha infatti stimato che in Italia serviranno almeno sette impianti per riciclare la quantità sempre crescente di rifiuti da qui al 2040. Una soluzione concreta per costruire una parziale indipendenza su quel che riguarda materiali necessari per la nostra economia a partire da un modello di sviluppo sostenibile.

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