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Price cap: cosa prevede la misura per regolamentare il mercato del gas

5 settembre 2022

 

Il prezzo del gas - come quello dell’energia -  ha toccato nelle scorse settimane cifre record.

 

L’impennata dei prezzi del gas, già iniziata prima della guerra in Ucraina, è stata amplificata dal prolungarsi del conflitto e dalla strategia sul gas messa in campo dalla Russia attraverso il colosso statale russo dell’oil&gas, Gazprom: i lavori di manutenzione attivati sul Nord Stream 1 hanno causato l’erogazione a singhiozzo del metano.

 

Eventi che preannunciano un inverno difficile: per questo in Europa si discute da diverse settimane dell’attuazione di un price cap, ovvero un tetto al prezzo del gas.

Il contesto italiano ed europeo risultano chiaramente incrociati perché - come aveva già indicato Mario Draghi - la soluzione in grado di abbassare la curva del prezzo del gas sarebbe l’individuazione di un tetto europeo, non limitato al solo metano assicurato da Mosca. A riguardo, già prima delle ultime elezioni politiche, il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani aveva espresso la necessità di proseguire in sinergia con l’Ue verso la strada del price cap e, in alternativa, di condurre l’Italia a proseguire da sola.

 

Tuttavia, il Consiglio straordinario dell’Energia tenutosi a Bruxelles lo scorso 30 settembre, non ha dato gli esiti sperati: l'introduzione di "un tetto del prezzo del gas all'ingrosso è un'opzione legittima, ma richiede un intervento radicale sul mercato, che richiede diverse condizioni non negoziabili che dovranno essere attuate prima che entri in funzione" ha argomentato la commissaria europea per l'Energia, Kadri Simson, al termine del Consiglio.

 

Nei prossimi giorni continueranno i confronti tra i ministri dell’Energia. 

 

Che cos’è il price cap e come funzionerebbe

Tra le soluzioni al vaglio per alleggerire l’impatto del caro energia, il price cap consiste nell’identificazione di un tetto massimo al prezzo del gas oltre il quale non si può andare, azionando così un’asticella che ne blocca l'acquisto qualora si superino le somme stabilite. 

Al momento, il provvedimento è al vaglio dell’Europa che vuole stilare un programma coordinato d'intervento. Si discute di un limite al costo del gas che dovrebbe aggirarsi tra gli 80 e i 90 euro/Mwh. Le soluzioni però sono diverse. Alcuni Paesi sono favorevoli ad un price cap imposto al solo combustibile che arriva dalla Russia, senza alterare gli accordi con gli altri Paesi -  come Qatar, Egitto e Algeria - dai quali l’Europa si rifornisce.

 

L’altra ipotesi, invece, prevede di imporre un tetto al prezzo di tutto il gas acquistato dall'Europa, senza distinzioni tra i fornitori. Un provvedimento di grande impatto che fermerebbe la speculazione in atto ma per cui si stanno valutando le eventuali implicazioni in termini di equilibri politici e di mercato.

 

Price cap: verso una politica energetica comune 

 

La proposta di introdurre un tetto al prezzo del gas ha l’obiettivo di ridurre i costi di acquisto della materia prima e di conseguenza anche i prezzi finali proposti dai fornitori a cittadini ed aziende. Un piano che sulla carta potrebbe sembrare di facile attuazione ma che, in pratica, impone diversi accorgimenti: motivo per cui non vede favorevoli diversi Paesi dell’Unione.

 

Il nodo problematico sta proprio nel prezzo da fissare. Se troppo basso spingerebbe i venditori a rivolgersi ad acquirenti che sono disposti a pagare di più, se troppo alto diventerebbe un deterrente per alzare i prezzi europei fino alla soglia massima stabilita, senza contare un’evoluzione precaria del mercato che di giorno in giorno muta in vista della crisi in Ucraina.

 

Sul tavolo europeo, poi, è arrivata anche l'ipotesi di un price cap sul prezzo del gas pagato dai consumatori. Una strada questa, non perseguibile da tutti i Paesi membri, in primis l’Italia, in quanto imporrebbe allo Stato l’integrazione della differenza tra il prezzo pagato da cittadini ed imprese ed il costo reale del combustibile, spesa che potrebbe arrivare a molti miliardi di euro e dunque insostenibile.

 

Proprio per questi motivi la bozza del piano d’azione europeo non prevede, al momento, l’introduzione del price cap ma solo una limitazione dei consumi in favore di un risparmio energetico ed un sostegno alle realtà più fragili come a quelle che consumano più energia. 

 

Come ha spiegato nel corso di un’intervista Luca Dal Fabbro, presidente del Gruppo Iren, “discutere le modalità migliori per ridurre il prezzo del gas e la speculazione” è il primo importante passo da intraprendere. Una strada già messa a segno dal governo e che punta a un accordo comunitario: come ha sottolineato Dal Fabbro è rilevante che gli stati membri dell’Europa parlino di “politica energetica comune” perché la crisi attuale è “un problema nazionale e comunitario e come tale va affrontato in modo condiviso”.

 

Due le priorità, secondo il presidente Iren, per uscire dal delicato momento che l’Europa sta vivendo: il primo step urgente è quello di abbassare il prezzo del gas sulle borsa riducendo il fenomeno speculativo in atto che si è acuito con la guerra in Ucraina; il secondo, a cui lavorare appena superata la crisi, è la riorganizzazione strutturale del mercato. Una sfida da affrontare in modo sinergico e integrato.

 

Esiste una crisi emergenziale - che durerà qualche mese - e poi una crisi strutturale che andrà avanti oltre l’emergenza: l’Italia è abituata ad affrontare le situazioni di crisi, come ha dimostrato con il Covid, ma dobbiamo evitare di trasformare l’energia in un’emergenza perenne. Per farlo, occorre lavorare in sinergia: abbiamo la forza e la capacità di prendere in mano il futuro energetico dell’Europa

 

 

 

Luca Dal Fabbro, presidente Iren

 

 

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