Acqua

Che cosa sono le microplastiche e perché è importante ridurle per contrastare l'inquinamento marino

12 settembre 2023

L’inquinamento da plastica è come un iceberg: delle 8 milioni di tonnellate che ogni anno finiscono in mare, solo una minima parte è visibile. Il resto è composto da microplastiche, frammenti inquinanti minuscoli che hanno invaso e contaminato tutto il Pianeta: non biodegradabili e di pochi millimetri, di solito hanno un diametro compreso in un intervallo di grandezza che va dai 330 micrometri ai 5 millimetrici. Nonostante le piccole dimensioni, l’impatto delle microplastiche è rilevante: queste particelle si accumulano negli ecosistemi marini causando danni gravissimi all’ambiente.

 

Inquinamento da microplastiche, qual è la situazione negli oceani

Secondo l’ultimo rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep), ogni chilometro quadrato di oceano contiene in media 63.320 particelle di microplastica, con differenze peculiari in base alle regioni prese in esame. Ad esempio, nel Sud est asiatico il livello è 27 volte maggiore rispetto ad altre zone. Il Mediterraneo è uno dei mari più inquinati al mondo: qui si concentra il 7% delle microplastiche a livello globale.

 

Altre evidenze significative arrivano dal Servizio di Ricerca del Parlamento Europeo (EPRS), per cui ogni anno finiscono negli oceani dai 4,8 ai 12,7 milioni di tonnellate di plastica. Quelli che è visibili sulle nostre coste sono solo alcuni dei rifiuti che intasano il mare, dato che la maggior parte viene trascinata al largo dalle correnti e lì rimane a contaminare l’ambiente. Le cause sono principalmente le attività umane unite a una gestione inefficiente dei rifiuti. Ad avere un peso rilevante nella proliferazione delle microplastiche sono anche le attività in mare come pesca intensiva, acquacoltura e navigazione, che provocano la dispersione in acqua di nasse, reti e cassette per il trasporto del pesce.

 

L’Unep ha collocato il problema della plastica nei mari e negli oceani tra le sei emergenze ambientali più gravi. Se non si interviene subito – ammonisce l’Unep -  entro il 2050 ci sarà più plastica che pesce nei nostri mari. Inoltre, l'importanza degli oceani e la loro tutela sono stati inseriti anche fra gli obiettivi dell’Agenda 2030 dalle Nazioni Unite (in particolare l’obiettivo 14) e recentemente, dopo 15 anni di negoziati, gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno finalmente raggiunto un accordo storico per proteggere l’alto mare.

Come si formano le microplastiche e quali sono le conseguenze per gli oceani

Secondo un approfondimento del Parlamento Europeo sul problema dell’inquinamento di mari e oceani dalle microplastiche, è possibile suddividere queste particelle in due categorie principali:

 

-le microplastiche primarie sono rilasciate nell’ambiente in forma di piccole particelle e rappresentano il 15-31% del totale delle microplastiche nell’oceano;

-le microplastiche secondarie provengono dalla decomposizione e dalla degradazione dei prodotti plastici finiti nell’oceano, oggetti più grandi che producono minuscoli frammenti di rifiuti plastici.

 

L’origine delle microplastiche è legata allo smaltimento scorretto di oggetti di grandi dimensioni come buste di plastica, reti da pesca e bottiglie, ma anche allo sversamento in mare dei residui del lavaggio dei capi sintetici, all’abrasione degli pneumatici durante la circolazione stradale e alle microplastiche che finiscono nel sistema di fognatura e che sono contenute nei prodotti per la cura del corpo.

 

L’impatto su mari e oceani è rilevante: l’habitat marino è a rischio perché per disciogliersi la plastica impiega diversi anni, e fintanto che è in acqua può essere ingerita e accumulata nel corpo e nei tessuti di molti organismi.

 

Le conseguenze di questo problema mondiale hanno ripercussioni gravi non solo sull’ambiente, ma anche sulla salute. Studi e analisi nel corso degli anni hanno rilevato che circa il 35% degli animali marini pescati e consumati dall’uomo contengono microplastiche: agenti chimici e tossici rilasciati dalle microplastiche mangiate dai pesci possono contaminare l’organismo umano, mettendone a rischio la salute.

 

Pulizia del mare, le iniziative del Gruppo Iren

Ridurre le microplastiche è possibile: si può partire facendo con cura la raccolta differenziata e limitando l’uso di prodotti in plastica. Adottando un approccio plastic free e preferendo beni di consumo con un packaging sostenibile si minimizza la quantità di rifiuti che possono finire negli ecosistemi marini e nei corsi d’acqua.

 

Per farlo è necessario modificare il proprio stile di vita, partendo da piccoli passi come prendere parte a iniziative che promuovono la pulizia del mare e la raccolta dei rifiuti. Ne sono un esempio le iniziative di raccolta rifiuti organizzate dal Gruppo Iren, che quest’estate proprio sulla tutela dei mari ha focalizzato una delle iniziative di pulizia marina a La Spezia:

i volontari, in compagnia di un esperto in microplastiche che ha illustrato impatti e rischi legati all’inquinamento marino e al cambiamento climatico, si sono dedicati alla pulizia delle acque.

 

L’iniziativa è stata resa possibile grazie all’Associazione di Promozione Sociale Per Il Mare della Spezia che ha messo a disposizione per un giorno l’imbarcazione Moby Dick. Durante la giornata sono stati raccolio 1,5 kg di rifiuti, tra cui microplastiche e microfibre abbandonate in mare: i dati ottenuti saranno trasmessi alle Università per il loro monitoraggio e permetteranno una maggiore comprensione dell'ecosistema marino.

 

Questa iniziativa fa parte del più ampio progetto “La PLAstica ed il CAmbiamento cLimAtico – progetto PLACALA”: le attività di biomonitoraggio delle microplastiche marine hanno il compito di preservare l’ambiente marino e, al tempo stesso, sensibilizzare l’opinione pubblica verso un corretto conferimento dei rifiuti e una maggior attenzione nelle abitudini quotidiane. Un modo concreto per fare la differenza a partire dai piccoli gesti.

 

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